Cosa significa per me fare la Psicoterapeuta

Prima di essere una Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa, posso dire di me che sono cresciuta alla periferia di Milano, in un paese attraversato dalla ferrovia. Da bambina facevo un gioco con mio fratello chiamato “lontano”. L’obiettivo era molto semplice: usare la nostra immaginazione per andare il più lontano possibile verso luoghi fantastici. I binari sembravano tagliare l’orizzonte verso destinazioni remote e, percorrendoli, forse anch’io un giorno avrei raggiunto località lontane e visto posti che pochi avevano la fortuna di vedere.Nel mio studio ho l’opportunità di osservare tante persone differenti, ognuna con il proprio punto di vista sulle cose, ognuna con la propria predisposizione emotiva, ognuna con una storia unica alle spalle e con un bagaglio ricco di talenti ancora da spendere. Quando accolgo una persona in studio ne ascolto l’infinità di suoni e di colori che la anima, mi lascio pervadere fino ad avere la sensazione di trovarmi al cospetto di un modo nuovo e ricco tutto da esplorare e da comprendere.

In un certo senso sto realizzando il mio antico sogno di vedere cose che ben pochi hanno la fortuna e l’onore di vedere. In fondo, un bravo Psicoterapeuta non è colui che applica tecniche perfette ma colui che sa capire e cogliere l’approccio migliore perché una persona si ami e dia il proprio meglio nella vita. Sono una persona esigente in primis con me stessa. E questo, unito al fatto che ritengo che il principale strumento di lavoro di uno Psicoterapeuta è il proprio Sé, considero fondamentale una continua revisione e manutenzione personali, sia attraverso la terapia personale che attraverso la formazione permanente.

Questo mi spinge a essere fedele al mio dovere etico di un costante aggiornamento e di un agire per costruire un luogo che, riflettendo la mia personalità, accolga al meglio i miei pazienti. Ho lavorato per anni nei reparti ospedalieri e ho sognato di poter ricevere e curare i pazienti in un ambiente migliore, più caldo e accogliente, così che se le parole raccontate sono belle, l’ambiente rende ancora più piacevole l’esperienza, se le parole sono dolorose è più confortante trovarsi in un ambiente gradevole.

Cos’è per me la Psicoterapia

Per me la Psicoterapia non è solo una professione, non è un lavoro che mi impegna otto ore quotidiane e basta. Per me è anche un modo di vivere. È un entrare nel mio studio non perdendo mai di vista da dove ho iniziato, quanto bene desidero condividere e quanta speranza ambisco dare proprio quando ce n’è più bisogno. È il privilegio di essere parte di un processo evolutivo e di crescita di diverse persone e la giusta distanza emotiva mi permette di vivere la felicità o l’angoscia di chi si racconta permettendomi di essere loro d’aiuto. È un impegno a dare tutta me stessa a quel paziente, a quella coppia, a quella famiglia. Ritengo emozionante e al tempo stesso un onore far parte della vita dei miei pazienti, anche quando condivido assieme a loro un breve periodo.

Sono fermamente convinta che ogni giorno i miei pazienti mi fanno un dono incredibile permettendomi di entrare nelle loro vite e nella parte più intima e profonda di loro stessi. Per questo sono contenta di non aver fatto del mio lavoro una routine e di non essermi ancora abituata ad avere costantemente a che fare con il dolore. Sento di essere ancora umana.

A volte durante i colloqui emergono delle particolari difficoltà, o i pazienti riportano dolori e angosce così grandi da sembrare totalizzanti e pervasivi. Vivo questi momenti come occasione di una crescita ancora maggiore sia per me che per i miei pazienti, un incoraggiamento a continuare ad esplorare il proprio mondo interno con quella calma ma al tempo stesso con quella determinazione che è propria di ogni procedere umano. L’obiettivo è quello di essere sempre collegata ai miei pazienti e, in quei momenti, sento di essere connessa alla loro anima. Bisogna ascoltare e ascoltarsi.

La sfida più importante che negli anni ho dovuto affrontare è stata rendermi conto che dovevo avere fiducia in me stessa. Mi capita di non poter essere d’aiuto per come vorrei, mi capita di inviare ad altri professionisti pazienti che sono certa possono essere aiutati per come meritano dai miei collaboratori, e mi capita anche di perdere dei pazienti: fatto che mi spinge a riflettere sulla mia stessa professionalità e sui miei limiti.

Non trovo dunque difficile cercare di rimanere umile proprio perché sono costantemente in contatto con la mia finitezza. Sono felice di ciò che sono riuscita a realizzare fin qui e spero di riuscire sempre a fare quello che amo: stare coi miei pazienti, collaborare e condividere esperienze con i miei colleghi, fare formazione. Penso che non farei nulla di diverso se avessi la possibilità di ricominciare tutto da capo. Perché sento che ne vale la pena dedicarmi a tutto questo.